23 Nov 2021

BY: giannerini

Disturbo ossessivo compulsivo / Problemi di coppia

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IL TUO EX ERA MEGLIO DI ME? LA GELOSIA RETROATTIVA

Solo chi ha avuto la sfortuna di doversi confrontare con un partner che soffre di gelosia, sa quanto ci si senta inermi di fronte a questo problema e quanto sia devastante, non solo per il rapporto, ma anche per l’integrità della propria immagine.

Provare un pò di gelosia verso il partner è esperienza comune, così come non è patologico temere un un poco il confronto con la relazione precedente, soprattutto se è stata importante e costellata di eventi significativi. Quando si parla di gelosia retroattiva ci si riferisce a qualcosa di ben più opprimente, sia per chi la prova che per chi la subisce. Si tratta infatti una gelosia morbosa provata verso gli ex del proprio partner e può essere un pensiero così invasivo da rovinare ogni momento della vita di coppia perché anche l’evento più banale può far scattare il dubbio, il risentimento e nei casi più gravi addirittura la violenza.

Questa tipologia di problema è riscontrabile sia in uomini che in donne, con alcune differenze. Per le donne la gelosia si focalizza più sull’aspetto emotivo/affettivo (progetti di vita, condivisione di momenti di complicità e di romanticismo), nell’uomo il pensiero è più concentrato sugli aspetti sessuali della relazione precedente, in entrambi i casi il nucleo del disturbo è il bisogno di controllo e possesso. La particolarità è che, chi soffre di questa particolare tipologia di gelosia, rivendica una sorta di possesso, non solo sulla vita presente del partner, ma anche in modo retroattivo sul suo passato.

 

Cosa fa tipicamente chi ha questo problema?

 

  • Non riesce a smettere di immaginarsi il compagno o la compagna mentre vive storie passate. Ripensa spesso ai trascorsi sentimentali e/o sessuale del proprio partner e ha dolorose e a volte “scabrose” fantasie sulle sue vecchie relazioni.
  • I vissuti e le esperienze passate del partner vengono continuamente e rabbiosamente equiparate alle situazioni del presente.
  • l’intensità e la fissità dei dubbi gli provocano rabbia e risentimento.
  • In modo del tutto irrazionale infierisce contro il partner per ciò che ha vissuto prima di conoscerlo, arrivando a mortificarlo a tal punto da farlo sentire colpevole e “sporco”.
  • Sottopone ripetutamente la partner a domande intime riguardo ai suoi precedenti rapporti, spesso con una curiosità morbosa (es. “quanto spesso avevate rapporti?”, “come lo facevate?” “era più bravo di me?”) .
  • Spesso i momenti di tenerezza e di intimità sono compromessi a causa dell’intrusività dei pensieri, seminando nella coppia amarezza e frustrazione.
  • Chi soffre di gelosia retroattiva presenta una vasta serie di comportamenti controllanti verso il partner.
  • Chiede continue rassicurazioni rispetto al loro rapporto; ma a poco o nulla valgono le accorate rassicurazioni, l’affetto e le lacrime a scacciare il demone della gelosia.
  • Per il geloso o la gelosa  retroattiva non è sufficiente che il partner sia amorevole e si comporti correttamente nei suoi confronti, in ogni caso verrà giudicato sulla base delle storie che ha avuto in precedenza, che avranno, nella sua mente, sempre una connotazione negativa.

 

Quali sono le cause?

I motivi di questo problema possono essere vari, i più comuni sono: l’insicurezza e la scarsa autostima, il bisogno di controllo, la paura dell’abbandono o esperienze sentimentali passate in cui si è subito tradimento o comportamenti scorretti.

 

Come “sopravvivere” a un partner con gelosia patologica:

All’inizio di un rapporto amoroso è normale avere voglia di condividere tutto, di raccontarsi per conoscersi, ma se il nuovo partner vi ponesse domande esplicite e volesse particolari sulla vostra precedente vita sessuale, voi glissate elegantemente. Una delle regole auree se si vuole ridurre il rischio di inutili e dannose rimuginazioni o dubbi è, infatti, quella di non cedere alla tentazione di raccontare i dettagli delle precedenti relazioni avute, soprattutto per quel che concerne gli aspetti della vita sessuale.

Evitare confronti allusivi sulle esperienze fatte col precedente partner, perché questo, in una persona insicura può incrementare la competizione e il senso di inadeguatezza, con inevitabili conseguenze sulla serenità del rapporto.

Altro consiglio è quello di non assecondare il bisogno di controllo del partner geloso rinunciando alla propria vita. Non modificate le vostre abitudini, continuate ad uscire con le amiche o gli amici, andate alla cena di Natale coi colleghi, in palestra e a fare le cose che vi gratificano senza farvi condizionare da immotivate gelosie.

Evitate di sentirvi in colpa per ciò che avete vissuto, ricordate che il problema non è il vostro, ma di chi ha il disturbo.

Generalmente la persona nega di avere un problema e ” giustifica” la gelosia ossessiva come una conseguenza del comportamento dell’altro o banalmente nascondendosi dietro a un: “Sono fatto cosi!”. Chi ha questo problema, anche quando prende atto dell’esistenza dei suoi “schemi distorti” e della sua eccessiva gelosia, raramente è in grado di modificarli senza un valido supporto terapeutico, visto che questo tipo di ossessione è estremamente resistente al cambiamento.

Pur comprendendo quanto sia difficile allontanarsi da chi si ama, occorre tener presente che se la persona che avete accanto non riconosce di avere un problema o non cerca attivamente di cambiare, pur di fronte alla vostra sofferenza, dovete prendere le distanze. Avete diritto di stare bene e di essere amati e “valutati” per quel che siete oggi nella coppia, non per eventuali errori commessi e ancor meno per aver amato un’altra persona, questa non è certo una colpa.

Se per stare meglio dovete allontanarvi da chi vi accusa ingiustamente, vi denigra e dubita di voi, allora questa è la strada da seguire per riconquistare il vostro benessere.

20 Gen 2021

BY: giannerini

Problemi di coppia

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Aspettative deluse

Quante volte ci siamo chiesti: “Perché faccio sempre gli stessi errori?” 

Giorgio Nardone, basandosi sulla sua ampia esperienza clinica e di ricerca, ha fornito un’interessante risposta a questa domanda e ha riassunto le sue conclusioni nel libro “Psicotrappole”.

Una delle più ricorrenti trappole mentali in cui restiamo da sempre imprigionati è la “psicotrappola” dell’aspettativa; che Nardone definisce “la tendenza ad attribuire ad altri le nostre percezioni e convinzioni, aspettandosi da loro esattamente le nostre azioni e reazioni.”

E, in effetti, chi di noi può dire, in tutta onestà, di non essere mai stato vittima delle sue stesse aspettative?

Il poeta Alexander Pope a proposito delle aspettative scriveva “Beato chi non si aspetta nulla, perché non resterà mai deluso.”

La funzione delle aspettative

Nutrire aspettative è assolutamente normale, perché rappresentano le convinzioni personali dettate dalle nostre esperienze, aspirazioni e valori che nella nostra esperienza si sono dimostrate utili. Le aspettative, dunque, non sono di per sé dannose, possono avere una funzione rassicurante, fungono un po’ da bussola poiché aiutano a formarci un quadro generale dell’esistenza e di ciò che potrebbe accaderci in futuro riguardo diversi ambiti della nostra vita, in particolare:

  • nel rapporto con gli altri
  • su “come va il mondo”
  • nel rapporto con noi stessi

Quando diventano dannose?

Le aspettative divengono dannose se ci irrigidiamo nella nostra posizione come se fosse l’unica possibile. In questo caso l’aspettativa, da funzionale diviene disfunzionale e quindi può trasformarsi in ostacolo in ogni ambito della nostra esistenza.

Come scrive Nardone : “Il problema inizia quando ci aspettiamo che la vita e gli alti procedano secondo i nostri standard e i nostri desideri. Se crediamo che il semplice fatto di desiderare che qualcosa si verifichi lo renda vero, allora stiamo ponendo le basi per una delusione certa.”

Pensiamo ad esempio al rapporto con gli altri, se avrò l’aspettativa che gli altri si comportino sempre “bene come me”, o comunque come io ritengo “giusto”, resterò di certo deluso e rammaricato, perché a volte questo accadrà, ma molto spesso mi relazionerò con persone che hanno idee e valori diversi dai miei; non necessariamente peggiori, soltanto diversi. Se parto dal presupposto che il mio punto di vista sia sempre quello giusto, rabbia e frustrazione saranno costantemente in agguato.

La situazione si farà più critica, quanto più sarà intenso il coinvolgimento emotivo, come ad esempio nel rapporto col partner. Nella coppia, l’aspettativa che l’altro senta, pensi o desideri ciò che noi stessi sentiamo, pensiamo o desideriamo è una delle trappole mentali che arrecano più frustrazione e sofferenza, sia a chi nutre l’aspettativa, sia in chi si vede giudicato o rifiutato per questo, influenzando negativamente l’andamento della relazione.

Per la stessa ragione un irrigidimento delle aspettative può indurci ad essere giudici estremamente severi anche nel rapporto con noi stessi. Il connubio tra aspettative troppo elevate e un atteggiamento intransigente, possono contribuire a creare un senso di auto-fallimento e delusione, se non riusciamo ad essere all’altezza delle nostre stessa aspettative, facendoci perdere fiducia in noi stessi e nel nostro valore.

Cosa fare?

Parafrasando Nardone possiamo concludere che, pur non esistendo un “antidoto” per questa psicotrappola, si dimostrerà certamente utile coltivare un atteggiamento di maggior apertura verso i punti di vista diversi dal proprio, sforzandosi di osservare la realtà attraverso gli occhi degli altri perché è fondamentale evitare di irrigidirsi nella propria prospettiva come se fosse l’unica e migliore.

 

 

Per chi volesse approfondire, gli stralci riportati in questo articolo sono tratti dal libro “Psicotrappole” scritto da Giorgio Nardone  e pubblicato da Ponte alle Grazie

15 Nov 2020

BY: giannerini

Problemi di coppia

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SI PUO’ PERDONARE UN TRADIMENTO?

“Non ho mai avuto dubbi sulla sua fedeltà”, “Credevo fossimo una bella coppia”, “Come ho fatto a non capire?” questo e altro, capita di pensare quando si scopre un tradimento.

Nella vita di una coppia il momento in cui viene “scoperto” il tradimento è uno degli eventi più drammatici e può avere con conseguenze devastanti. E’ un po’ come uno spartiacque: segna un prima e un dopo.

Dopo lo smarrimento, si fanno largo il dolore e la rabbia e con loro, domande come: “Posso davvero credere che mi ami ancora?” “Come posso perdonare?”, “Come posso ricominciare a fidarmi?”

Il tradimento mina, non solo la fiducia verso il partner, ma anche verso se stessi. Ci fa sentire “non abbastanza”; non abbastanza attraenti, non abbastanza giovani, non abbastanza brillanti…

Mette in discussione sia l’immagine di noi stessi, ma anche che della persona che amiamo, che improvvisamente guardiamo come se fosse un estraneo e di cui mal tolleriamo la vicinanza.

Se è vero che il dolore più grande è sulle spalle di chi ha subito il tradimento, è pur vero che le conseguenze emotive si manifestano anche nel partner infedele, che può provare un profondo senso di colpa, per la sofferenza arrecata e sentimenti depressivi per aver commesso questa grave “offesa”.

La sofferenza arrecata da un tradimento è grande e devastante, non tutti sono in grado di perdonare perché ogni persona è diversa e ogni coppia è un mondo a sé. Nessuno può dire, a chi è stato tradito se è giusto perdonare oppure no; non potrà farlo l’amica del cuore, il fratello o la madre e nemmeno lo psicoterapeuta.

 

Come si può superare

  • Occorre molta forza e amore: per riparare le crepe date da un tradimento, ci vuole tanta energia, volontà e amore da parte di entrambi.

 

  • Comprendere l’errore: chi ha tradito deve aver compreso il suo errore e impegnarsi affinché non ricapiti, deve essere consapevole e pentito del dolore che ha provocato, riconoscendo, prima di tutto a sé stesso, che non valeva la pena di mettere a rischio la coppia per l’altra storia. Ma lo sforzo più grande, indubbiamente, è a carico di chi ha subito il tradimento, perché dovrà superare la delusione, recuperare la stima di sé e dovrà ricominciare a dar fiducia al partner.

 

  • Ricominciare a fidarsi; Chiunque lavori con le coppie, sa che la sfida maggiore, dopo un evento come questo è convivere con la paura che possa ripetersi e il re-imparare a fidarsi dell’altro e di non ultimo di sé.

 

  • Reggere le insicurezze e le paure dell’altro: per aiutare la ricostruzione della fiducia e del rapporto, chi ha tradito dovrà essere abbastanza solido da reggere le insicurezze che si sono create nel partner e, soprattutto nella prima fase, dovrà stargli vicino e sostenerlo nella faticosa ricostruzione della fiducia.

 

  • Evitare di fare continui controlli: se è naturale avere un periodo in cui si hanno dubbi e paure e un grande bisogno di rassicurazione da parte di chi ha agito il tradimento, è anche vero che questa fase non potrà durare in eterno. Dopo un po’ bisogna “correre il rischio” di fidarsi, altrimenti si può scivolare in una gelosia ossessiva e persecutoria, fatta di controlli, dubbi e rinfacci che finiranno soltanto per rendere la vita impossibile a entrambi.

 

  • Capire cosa non ha funzionato: per ricostruire un rapporto sano, si dovrà cercare di capire cosa non ha funzionato nel rapporto. Perché il perdono non può essere solo una “concessione” o una mera ammissione di colpa, ma dev’essere l’impegno comune di creare un legame più soddisfacente, ma soprattutto equilibrato e maturo.

 

La crisi della coppia come opportunità

Sembra difficile da credere, ma anche un’esperienza così dolorosa (se si tratta di un fatto isolato), quando ben elaborata può trasformarsi in qualcosa di utile al percorso della coppia. Quando entrambi i partner sono impegnati del progetto di ricostruzione potranno trarre insegnamento dagli errori che hanno portato alla crisi e diventare più consapevoli di sé, dell’altro e del valore del loro rapporto.

03 Mag 2020

BY: giannerini

Lutto / Problemi di coppia / Senza categoria

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PERDERE UN FIGLIO IN GRAVIDANZA

Fin da quando una coppia inizia a pensare di avere un figlio instaura un legame affettivo con quel bambino. Un legame fatto di progetti, sogni e di tante aspettative.

Nel momento in cui la gravidanza diventa effettiva, si fanno le prime ecografie e si immagina il nome da dare a quel bambino, tale legame si intensifica ancor di più. È per questo motivo che gli aborti spontanei, anche se precoci, possono essere devastanti dal punto di vista emotivo.
Scoprire improvvisamente che il figlio, che si amava già prima del concepimento, non c’è più, è morto, comporta un dolore acuto. Se, poi, la gravidanza era desiderata da molto tempo, tale dolore è ancor più intenso e struggente. Quindi la sofferenza per la morte prenatale non è tanto legata all’età del bambino, ma da quanto la coppia aveva emotivamente investimento su quel figlio.

Spesso, però, chi ruota attorno alla coppia e i medici stessi, tendono a minimizzare l’accaduto; questo scarso riconoscimento verso il dolore provato, contribuisce ad accentuare il senso di solitudine del padre e della madre, che non trovano spazio e comprensione per il loro lutto.

Nel cuore e nella mente di una madre il superamento del lutto richiede tempo, a volte fin oltre l’anno.
Spesso, questa esperienza di perdita è accompagnata, nella donna, oltre che da sofferenza, da senso di colpa e da auto-rimproveri : “Se fossi stata più a riposo…”, “Se fossi più giovane…”. Anche la rabbia per l’accaduto (“perché proprio a me?”) va gestita e superata, così come pure il senso di invidia verso chi ha figli; sentimento che spesso induce all’isolamento sociale (si tende ad evitare di incontrare le coppie con figli piccoli o donne in gravidanza, per non confrontarsi con la propria dolorosa mancanza).

Per l’intensa sofferenza che un aborto comporta, la coppia può andare profondamente in crisi, fino a rompersi definitivamente.
Quindi, se purtroppo, vi trovate ad affrontare la perdita di un bambino a seguito di un aborto, non restate isolate, non rinnegate il vostro dolore, rivolgetevi a chi può aiutarvi ad elaborare la vostra perdita.

03 Mag 2020

BY: giannerini

Problemi autostima / Problemi di coppia

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Quando ci si stanca di aspettare

A volte a finire non è l’amore, ma la pazienza.
Nessuno smette di amare da un giorno all’altro; ci si aggrappa con tutte le forze ai momenti belli, alle parole dette, alle promesse ricevute, per continuare a coltivare l’illusione che quell’amore non è davvero finito.
Purtroppo quando si è innamorati si diventa dei maestri di autoinganni.
Ma poi, giorno dopo giorno, notte dopo notte, anche la persona più ciecamente innamorata, si stanca di aspettare un segnale, una telefonata, si stanca di cercare di capire e di giustificare; fino a che ogni speranza tristemente appassisce e smette di ostinarsi su qualcuno che non la ama abbastanza o non la ama affatto.

Quando si inizia a vedere la realtà per quel che è, si trova la forza per uscire da questi amori “a senso unico”, facendo leva su quel che resta della propria autostima e della propria dignità, raccogliendo i nostri stessi cocci, consapevoli che quell’amore non è più il posto giusto dove restare. Ma, sparite le speranze, si deve fare i conti col proprio dolore e coi rimpianti: “se quella volta io…”, “se fossi stata più…”, “se avessi detto…”

A volte queste domande e il ricordo dell’amor perduto, diventano un tarlo mentale difficile da estirpare, un dolore malinconico che invade i giorni e allunga le notti.
Quando la sofferenza è troppa e il rimuginare sembra non aver fine, si giunge a chiedere aiuto a uno psicoterapeuta, spesso con l’aspettativa è che cancelli tutto questo il più presto possibile.

Faccio la terapeuta da vari anni e mi sono trova spesso al fianco di persone intrappolate in questo groviglio di emozioni; e non di rado mi sono sentita chiedere: “ dottoressa, mi aiuti a smettere di amarlo” o “mi insegni come fare a cancellarlo dalla mia mente”.
Seppur un terapeuta esperto, disponga di strumenti che facilitano il superamento del dolore, nessuno, ha la pozione magica che fa d’incanto dimenticare o non fa più soffrire.

Cancellare tutto quanto, come se non fosse mai successo, come se non si avesse mai incontrato quella persona o commesso quegli errori, non permette di capire e di capirci e quindi di cambiare. Inoltre, una separazione non ben elaborata può portare a vivere con un senso di costante rimpianto che non fa andare avanti, e non consente di ritrovare dentro di sé una consapevolezza nuova, una rinnovata autostima, oltre che la voglia di amare di nuovo; ricostruendo e ricostruendosi partendo dalle macerie che abbiamo alle nostre spalle.
A volte bisogna “perdere la pazienza”, per trovare la forza di lasciar andare ciò che ci trascina giù e poter poi risalire.