Solitamente porsi domande su se stessi e sul proprio operato è un atteggiamento che denota intelligenza e spirito critico, può fungere da spinta al cambiamento e aiutare a trovare modi alternativi e creativi per risolvere problemi. Se questo porsi domande, sul proprio operato o sulle decisioni da prendere, diviene eccessivo non è più utile, ma si tramuta in un “nemico” perché “La ricerca di certezze conduce all’incertezza” (Buddha).

Quando il farsi domande perde di utilità e ci complica la vita?

Quando sono così frequenti da diviene un perpetuo e sofferto interrogarsi un po’ su tutto: su ciò che pensano gli altri, sul futuro oppure si hanno costanti dubbi su di sé, su ciò che si è fatto o che si sarebbe potuto fare, ma anche su temi profondi della vita quale l’amore o la morte. Lo sforzo di trovare certezze rassicuranti diviene in tal caso il problema perché conduce a ulteriori insicurezze e ansie.

Non è tanto l’argomento dei pensieri il problema, quanto piuttosto l’insolubilità del dubbio che conduce ad un continuo arrovellamento.

In questo caso il farsi domande non è più costruttivo, ma si tramuta piuttosto un rimuginio che immobilizza e annichilisce perché ingigantisce i problemi o ne crea dove non ce ne sono. Le domande possono quindi trasformarsi in dubbi senza soluzione, diventano un labirinto intricato e nebbioso da cui è molto complicato uscire.

Quando si trasforma in patologia?

Il confine tra “normalità” e patologia è sottile e a volte si finisce per varcarlo senza nemmeno accorgersene. Ogni comportamento, ogni pensiero, così com’anche i dubbi, non sono di per sé patologici. Come sempre ciò che discrimina l’utile dal dannoso è la frequenza e la rigidità di quel comportamento o di quel pensiero oltre che l’impatto che ha sulla qualità della nostra vita.

Le rimuginazioni e ossessioni mentali possono arrivare ad occupare gran parte della giornata della persona e possono compromettere l’esecuzione di compiti che richiedono attenzione e concentrazione.

Cosa si cerca di fare per allentare i dubbi?

Sovente chi ha questo tipo di problema cerca di trovare una soluzione alle sue domande e ai suoi dubbi sforzandosi di non pensare, ma “pensare di non pensare è comunque pensare”.

Un altro tentativo adottato per ridurre l’ansia è quello di condividere i dubbi parlandone con amici, genitori o col partner, scoprendo, purtroppo che anche questo tentativo di soluzione, il più delle volte, non dona il sollievo sperato, o meglio, a volte il sollievo c’è, ma è fugace, temporaneo. L’esperienza clinica dimostra che questo continuo parlare e chiedere rassicurazioni col tempo conduce ad un peggioramento, a meno che non ci si rivolga ad uno specialista fornito di adeguati strumenti terapeutici.

Se siete interessati ad approfondire l’argomento, consiglio la lettura di: “Ossessioni Compulsioni Manie” scritto da Giorgio Nardone e pubblicato da Ponte alle Grazie.