24 Set 2021

BY: giannerini

Ansia / Ansia e attacchi di panico / Bambini / Fobia / Fobia sociale / Rapporto genitori figli / Senza categoria

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ANSIA SCOLASTICA

Si sa, la maggior parte dei bambini e dei ragazzi quando si alza al mattino preferirebbe non andare a scuola, ma per alcuni di loro, varcare la soglia di casa per affrontare la giornata scolastica è una vera angoscia.

La domanda è come si possa discriminare, se si tratta di capricci, di una semplice difficoltà o di poca motivazione oppure se ci si trova di fronte a un problema che vale la pena affrontare con l’ausilio di un professionista.

Utile precisare che non necessariamente i bambini e i ragazzi che soffrono di ansia scolastica hanno cattivi risultati scolastici, anzi, spesso sono studenti modello, molto rigorosi nello studio e con alte aspettative verso se stessi.

Di seguito troverete descritte alcune manifestazioni che caratterizzano l’ansia scolastica.

I sintomi più comuni

tipicamente si riscontrano nei soggetti che soffrono di questo problema sia pensieri negativi (di varia natura) all’idea di affrontare la giornata scolastica, che manifestazioni fisiche del disagio emotivo.

Le manifestazioni emotive più comuni sono: paura di prendere un brutto voto, ansia nel rapporto coi compagni di classe, paura di fare brutta figura coi compagni o col professore dicendo o facendo qualcosa di sbagliato o imbarazzante.

Le reazioni fisiche dell‘ansia possono essere anche intense: insonnia, mal di pancia, di stomaco, vomito o nausea, tremori e tachicardia.

Questi sintomi (emotivi e fisici) possono verificarsi già prima di uscire di casa o solo una volta arrivati in classe, oppure solo in prossimità di una interrogazione o di una verifica.

I casi di ansia scolastica sono molto frequenti e possono evolvere, a partire dall’adolescenza, in veri attacchi di panico. Per l’intensità con cui si manifestano possono indurre il ragazzo a non andare a lezione o a chiedere ripetutamente ai genitori di andarlo a prendere prima dell’orario previsto della fine delle lezioni.
I genitori, in queste situazioni, non sanno come comportarsi per essere d’aiuto, sono spiazzati perché si rendono conto che di fronte a una paura patologica, la rigidità delle regole non è efficace, ma anche la morbidezza e le rassicurazioni, servono a poco.

 

Che soluzioni adottare?

Certamente una prima cosa che un genitore può fare è parlare col figlio per capire il motivo del disagio, ma a volte loro stessi non sono in grado di fornire una spiegazione così chiara, questo è particolarmente vero se si tratta di un bambino.

L’aspetto rassicurante è che nonostante questo disturbo possa essere sofferto e invalidante, col giusto metodo può essere trattato efficacemente nell’arco di qualche mese.

Lo psicologo individuerà in primis la ragione che sta alla base dell’ansia e a seconda che il motivo del disagio sia prevalentemente legato all’ansia da prestazione scolastica, piuttosto che sul timore del giudizio sociale o dovuto a difficoltà relazionali e di conseguenza interverrà in maniera differente.

In terapia breve strategica si procede in questo modo:

▪si danno indicazioni ai genitori (se si tratta di un minore)
▪si insegnano delle tecniche al ragazzo/a per gestire la paura
▪si guida progressivamente il/la ragazzo/a a riaffrontare le situazioni che lo/la spaventano.

 

Nel caso in cui la fobia riguardi un bambino delle elementari o della scuola materna, è possibile risolvere il problema “istruendo” i genitori. Lo psicologo darà loro indicazioni di comportamento, piccole “strategie”, che gli permetteranno di aiutare il figlio senza dover coinvolgere il bambino direttamente terapia. Utilizzando quella, che in terapia breve strategica definiamo “terapia indiretta“.

19 Dic 2020

BY: giannerini

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Perché si rimanda l’andare dallo psicologo

Se abbiamo una patologia fisica ci rivolgiamo il prima possibile a un medico, se abbiamo dolore a un dente andiamo dal dentista (anche se spesso non è piacevole), allora perché se abbiamo un malessere psicologico non ci rivolgiamo al professionista che se ne occupa?

 

I motivi sono:

  • Comunemente se si hanno problemi psicologici si tende a pensare: “è solo un momento, passerà” o “lo supererò da solo”. Magari si ha già il biglietto da visita di uno psicologo conservato nel cassetto, ma prima di ricorrere al suo aiuto si lasciano passare settimane, mesi, se non anni, nella speranza che il problema si risolva da sé. Si rimanda, pur constatando che la buona volontà o il parlare con parenti e amici non è sufficiente e, che il malessere è troppo gravoso perché possa risolversi spontaneamente. Si sottovaluta che l’aspettare spesso trasforma quella che era solo una difficoltà, in una vera patologia, proprio come quando un problema fisico viene trascurato.
  • Altre persone vivono il fatto di andare dallo psicoterapeuta come un segno di sconfitta o di debolezza, pensano: “Non sono abbastanza forte se non riesco a farcela da solo“, ma la verità è che chiedere aiuto è un gesto di grande maturità e forza.
  • A volte non si ha chiaro il ruolo dello psicologo. Spesso parlando con le persone mi sento dire: “anch’io sono un po’ uno psicologo”, questa frase sottende uno specifico pregiudizio, vale a dire che lo psicologo sia semplicemente una persona empatica che dispensa consigli. Ma lo psicologo non è “un amico a pagamento“! Lo psicologo e in particolare lo psicoterapeuta è formato per anni sullo studio del funzionamento delle dinamiche relazionali ed emotive oltre che sulle tecniche terapeutiche più idonee ad aiutare la persona a risolvere persona il problema presentato, sia esso un problema di coppia, familiare, un lutto o un vera patologia clinica, come un disturbo d’ansia, ad esempio.
  • A volte la ragione che allontana l’idea di andare dallo psicologo, è economica, anche perché ancora si pensa che la psicoterapia debba durare anni, ma non è necessariamente così. Esistono terapie, tra cui la Terapia Breve Strategica, che hanno livelli di efficacia estremamente elevati in tempi decisamente brevi.

Tutti abbiamo fragilità e commettiamo errori, ma quando questo compromette la nostra qualità di vita o quella dei nostri cari, è insensato non cercare l’aiuto di chi può farci star meglio. Si tratta solo di riconoscere di non avere gli strumenti giusti per affrontare e risolvere il problema.
Prendere in mano il telefono e chiamare il numero che teniamo in tasca da mesi è il segno che vogliamo cambiare le cose, e lo faremo noi, in prima persona, ma con il supporto di chi, dopo aver “studiato” la situazione e quello che abbiamo fatto fino a quel momento e che non ha funzionato, sarà in grado di fornirci strategie nuove e mirate per il problema presentato.

Chi inizia un percorso di psicoterapia è un individuo coraggioso perché è disposto a riconoscere di avere un problema e, a mettere in discussione comportamenti o atteggiamenti mentali che gli provocano malessere. Come per qualunque percorso che preveda un cambiamento, anche la psicoterapia richiede impegno e un po’ di fatica. D’altronde anche le cure mediche comportano lo stesso, ma il risultato finale è di alleviare il dolore e migliorare la nostra qualità di vita.
Avere dei momenti di smarrimento è normale, così come commettere degli errori. Si sbaglia spesso: si sbaglia col partner, coi figli, sul lavoro e a volte nel rapporto con se stessi. L’unico vero errore è rimanere a guardare passivi la nostra sofferenza.

16 Mag 2020

BY: giannerini

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Bambini: separazione post-lockdown

Il ritorno alla normalità dopo il lockdown, per grandi e piccini, non porterà solo un senso di rinnovata libertà, ma anche qualche preoccupazione: per il ritorno al lavoro, per la ripresa dei contatti sociali, per l’abbandono di quelle che erano diventate le nuove abitudini.
Dovremo riabituarci a uscire da una situazione che, seppur costrittiva era anche protettiva.
In particolare per i bambini il ritorno alla normalità porterà l’allontanamento dei genitori. Non dovremo stupirci, quindi, se qualche bambino potrà mostrare segni di disagio di fronte all’imminente cambiamento.

I bambini e i ragazzi, che seppur hanno sofferto le limitazioni imposte dal lockdown, dall’altro hanno stretto ancor più il legame coi propri genitori, divenuti più che mai una rete di sicurezza e protezione.
Il vissuto di disagio che potrà presentare un bambino varierà in base alla sua età.
Alcuni, avendo tanto sentito parlare di questo minaccioso virus potrebbero essere preoccupati per la salute dei genitori vedendoli uscire; i più piccoli potrebbero esprimere l’ansia da separazione con reazioni rabbiose, pianto, vomito o piccole regressioni come fare la pipì a letto.
Cosa fare?
– Senza allarmarci di queste manifestazioni, ma prendendocene cura, potremo accogliere e rassicurare i nostri figli, accompagnandoli al ritorno alla normalità.
– Anticipare con un po’ di anticipo ai bimbi che fra poco si riprenderà con le usuali abitudini e che mamma e papà torneranno al lavoro.
– Sottolineare le cose positive che avverranno: vedrai più spesso i nonni, i cuginetti potrai andare al parco…
– Per ridurre l’impatto del distacco, e l’ansia da separazione, sarebbe anche utile impostare un cambiamento graduale della routine.
Tutte queste manifestazioni si estingueranno gradualmente, ma se dovessero protrarsi nel tempo, potete chiedere il supporto di un professionista che saprà indicarvi come intervenire.

03 Mag 2020

BY: giannerini

Lutto / Problemi di coppia / Senza categoria

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PERDERE UN FIGLIO IN GRAVIDANZA

Fin da quando una coppia inizia a pensare di avere un figlio instaura un legame affettivo con quel bambino. Un legame fatto di progetti, sogni e di tante aspettative.

Nel momento in cui la gravidanza diventa effettiva, si fanno le prime ecografie e si immagina il nome da dare a quel bambino, tale legame si intensifica ancor di più. È per questo motivo che gli aborti spontanei, anche se precoci, possono essere devastanti dal punto di vista emotivo.
Scoprire improvvisamente che il figlio, che si amava già prima del concepimento, non c’è più, è morto, comporta un dolore acuto. Se, poi, la gravidanza era desiderata da molto tempo, tale dolore è ancor più intenso e struggente. Quindi la sofferenza per la morte prenatale non è tanto legata all’età del bambino, ma da quanto la coppia aveva emotivamente investimento su quel figlio.

Spesso, però, chi ruota attorno alla coppia e i medici stessi, tendono a minimizzare l’accaduto; questo scarso riconoscimento verso il dolore provato, contribuisce ad accentuare il senso di solitudine del padre e della madre, che non trovano spazio e comprensione per il loro lutto.

Nel cuore e nella mente di una madre il superamento del lutto richiede tempo, a volte fin oltre l’anno.
Spesso, questa esperienza di perdita è accompagnata, nella donna, oltre che da sofferenza, da senso di colpa e da auto-rimproveri : “Se fossi stata più a riposo…”, “Se fossi più giovane…”. Anche la rabbia per l’accaduto (“perché proprio a me?”) va gestita e superata, così come pure il senso di invidia verso chi ha figli; sentimento che spesso induce all’isolamento sociale (si tende ad evitare di incontrare le coppie con figli piccoli o donne in gravidanza, per non confrontarsi con la propria dolorosa mancanza).

Per l’intensa sofferenza che un aborto comporta, la coppia può andare profondamente in crisi, fino a rompersi definitivamente.
Quindi, se purtroppo, vi trovate ad affrontare la perdita di un bambino a seguito di un aborto, non restate isolate, non rinnegate il vostro dolore, rivolgetevi a chi può aiutarvi ad elaborare la vostra perdita.

18 Mar 2019

BY: giannerini

Bambini / Senza categoria

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INSEGNARE AI FIGLI AD AFFRONTARE I CAMBIAMENTI

La vita è un susseguirsi di cambiamenti e trasformazioni; cambiamo lavoro, fidanzato, casa o città. Per questo è fondamentale insegnare fin da piccoli ai figli a non temere i cambiamenti, ma a vederli come un’opportunità, altrimenti ogni momento di vita che implica novità rischia di metterli in crisi.

I passaggi naturali come l’entrata all’asilo nido, l’inizio della scuola materna o un cambio di abitazione potranno essere per lui esperienze cariche di ansie. Se invece, i genitori, “dipingono” i cambiamenti di entusiasmo e gli mostrano che lasciare il terreno conosciuto non è una perdita, ma l’occasione per fare nuove scoperte e esperienze, il bambino affronterà questi passaggi con serenità.

Il bambino, per la poca esperienza di vita che possiede, si fa un’opinione sulle cose in base alla reazione che l’adulto ha, di fronte alle situazioni.

Se, ad esempio, quando lo accompagniamo il primo giorno di scuola lo abbracciamo ansiosi e con le lacrime agli occhi, è probabile che finirà per pensare che c’è qualcosa di cui preoccuparsi e potrebbe non volersi staccare dalle nostre braccia; se al contrario ci mostriamo sereni e positivi, anche lui lo sarà.

Se gli insegniamo ad affrontare i cambiamenti lo aiuteremo a sviluppare curiosità per le cose nuove e quella flessibilità indispensabile ad affrontare gli imprevisti vita.

BY: giannerini

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Avete mai sentito parlare del Decreto Legge …

Avete mai sentito parlare del Decreto Legge Pillon?
Se interessati, in questo articolo potrete trovare qualche informazione in più.